La legge gelli 8 marzo 2017, n. 24 e i nuovi profili di responsabilità sanitaria
La Legge 8 marzo 2017, n. 24 (detta Legge “Gelli” dal nome del suo relatore alla Camera, Federico Gelli), si colloca cronologicamente in un processo di “rinnovamento” normativo che era stato tracciato in parte dalla legge c.d. Balduzzi (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189). La Legge del 2017, infatti, ha cercato di mettere in campo soluzioni atte a risolvere, soprattutto, il problema dell’eccesso di “denunce” a carico dei medici ma, soprattutto, argine l’annoso problema determinato dalla c.d “medicina difensiva”. Ma che cos’è esattamente la c.d. “medicina difensiva”. Con il termine “medicina difensiva” si indica la pratica dei medici volta a evitare possibili azioni legali di responsabilità, conseguenti al proprio operato.
In quest’ articolo affronteremo le innovazioni introdotte dalla L. 24/2017 “Gelli-Bianco”, in tema di responsabilità sanitaria.
Le tematiche che tratteremo verteranno su i seguenti argomenti:
- Linee guida e buone pratiche;
- Nuovi profili di responsabilità penale del professionista sanitario;
- Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria;
- Obbligo di assicurazione;
- Azione di rivalsa;
- Estensione della garanzia assicurativa;
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1. LINEE GUIDA E BUONE PRATICHE CLINICO-ASSISTENZIALI
Art. 5
Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle
linee guida
1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle
prestazioni sanitarie con finalita' preventive, diagnostiche,
terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si
attengono, salve le specificita' del caso concreto, alle
raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del
comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonche'
dalle societa' scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche
delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e
regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette
raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono
alle buone pratiche clinico-assistenziali.
2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle societa'
scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al
comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:
a) i requisiti minimi di rappresentativita' sul territorio
nazionale;
b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da
prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei
professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle
decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di
lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci
preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla
dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e
all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualita'
della produzione tecnico-scientifica;
c) le procedure di iscrizione all'elenco nonche' le verifiche sul
mantenimento dei requisiti e le modalita' di sospensione o
cancellazione dallo stesso.
3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai
soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per
le linee guida (SNLG), il quale e' disciplinato nei compiti e nelle
funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la
procedura di cui all'articolo 1, comma 28, secondo periodo, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge. L'Istituto superiore di sanita' pubblica nel proprio sito
internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal
SNLG, previa verifica della conformita' della metodologia adottata a
standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonche'
della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto
delle raccomandazioni.
4. Le attivita' di cui al comma 3 sono svolte nell'ambito delle
risorse umane, finanziarie e strumentali gia' disponibili a
legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Il primo comma dell’art. 5 “Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste nelle linee guida”, della legge 24/2017 stabilisce che:
Gli esercenti le professioni sanitarie , nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati….in mancaza delle suddette, raccomandazioni , gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.
A differenza del decreto Balduzzi, la nuova riforma della responsabilità sanitaria ha introdotto due riferimenti ben distinti, da una parte abbiamo “raccomandazione previste dalle le linee guida”, dall’altra, in mancanza, le “buone pratiche clinico assistenziali”.
Non è un dato che passa inosservato, giacché , la norma previgente subordinava l’esercizio professionale, al rispetto delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
E’ evidente l’intenzione del legislatore di introdurre due documenti diversi e distinti l’uno dall’altro.
- Raccomandazioni delle linee guida: le linee guida sono elaborate mediante una valutazione sistematica e multidisciplinare delle prove presenti nella letteratura scientifica e, quindi, contengono le migliori evidenze disponibili e forniscono un contributo informativo, costituendo uno strumento di ausilio al professionista sanitario nel processo decisionale. Il metodo utilizzato per elaborare una raccomandazione dev’essere esplicitato, per consentire di valutarne criticamente, sia l’attendibilità, sia l’applicabilità al caso specifico. Si tratta di un contributo informativo, non costituiscono fonti cogenti e tassative. Le linee guida, infatti, hanno un valore di informazione tecnico-scientifica, comunque, suscettibile di integrazione, perfezionamenti e modificazioni, in rapporto ad evidenze scientifiche intervenute dopo la redazione delle linee guida ed, ovviamente, pertinenti al caso di specie
- Buone pratiche clinico-assitenziali: Con la legge 24/2017 le buone pratiche si distinguono in:
> Buone pratiche per la sicurezza: consistono in documenti che vengono formati congiuntamente dal Ministero e da società e associazioni scientifiche e si sono imposte per il loro essere pensate specificatamente per la sicurezza delle cure. Trattano, infatti, argomenti di carattere clinico-assistenziale-organizzativo (es. le Raccomandazioni ministeriali, le check list della sala operatoria, le buone pratiche in radiologia.
> Buone pratiche clinico-assistenziali: sono intese in un duplice significato: sia come prove di evidenza scientifica, e dall’altro, documenti, purchè coerenti con evidenze scientifiche ed elaborati con metodologia dichiarata e ricostruibile. Anche alle buone pratiche clinico-assistenziali contenute in documenti va applicata la clausola prevista per le raccomandazioni delle linee guida, vale a dire la loro effettiva applicabilità al caso concreto.
<<<<<<<<ATTENZIONE>>>>>>>>>
Le linee guida sono raccomandazioni da cui è possibile discostarsi se non attengono alla specificità del caso concreto.
Il discostamento dalle linee guida può e deve avvenire tutte le volte in cui le linee guida non siano adeguate al caso e, questa valutazione è possibile, solo sulla base delle evidenze scientifiche.
Le buone pratiche, invece, sono da ritenersi maggiormente vincolanti in quanto pensate e strutturate proprio per la sicurezza delle cure.
Mentre è possibile e doveroso non attenersi alle linee guida cliniche se non portano benefici – o se addirittura portano danni – per quanto concerne la salute del paziente, non vi sono mai motivi per non attenersi a una buona pratica che persegue la sicurezza delle cure.
In conclusione, il legislatore vuole rimarcare il principio in base al quale, le evidenze scientifiche sono l’ineludibile riferimento dell’attività professionale in sanità e che le raccomandazioni delle linee guida sono strumento informativo di lavoro, di utile e raccomandabile riferimento, purchè in linea con dette evidenze rapportate al caso concreto.
2. NUOVI PROFILI DELLA RESPONSABILITA’ PENALE DEL PROFESSIONISTA SANITARIO
Art. 6
Responsabilita' penale dell'esercente la professione sanitaria
1. Dopo l'articolo 590-quinquies del codice penale e' inserito il
seguente:
«Art. 590-sexies (Responsabilita' colposa per morte o lesioni
personali in ambito sanitario). - Se i fatti di cui agli articoli 589
e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si
applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo
comma.
Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la
punibilita' e' esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni
previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di
legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche
clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle
predette linee guida risultino adeguate alle specificita' del caso
concreto».
2. All'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189,
il comma 1 e' abrogato.
Il primo comma dell’art. 6 intitolato “Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria”, della legge 24/2017 stabilisce che:
Dopo l’art. 590-quinquies del codice penale è inserito il seguente: Art. 590-sexies – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario) – Se i fatti di cui agli art. 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Affinchè la condotta del sanitario possa avere rilevanza ai fini penalisitici e, quindi, la configurazione dei delitti considerati (art. 589 c.p. “Omicidio colposo” e art. 590 c.p. “Lesioni personali colpose”) devono essere rispettati i seguenti requisiti:
- la condotta del professionista (azione od omissione) dev’essere caratterizzata da colpa:
Quando dalla propria condotta colposa deriva una lesione personale o, la morte della persona assistita, il medico (o il sanitario in genere) è chiamato a rispondere del suo comportamento professionale sulla base del concetto di colpa, come definito dall’art. 43 del codice penale secondo cui deve ritenersi colposo (o contro l’intenzione) un evento che, anche se previsto, non è voluto dall’agente, ma, che si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia oppure per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La colpa è generica se sussiste
- Negligenza, ossia superficialità, trascuratezza, disattenzione. Esempi tipici possono riguardare il medico che prescrive un farmaco al posto di un altro o del chirurgo che non si accorge della mancata rimozione di corpi estranei in un campo operatorio;
- Imprudenza, che può riferirsi alla condotta avventata o temeraria del medico che, pur consapevole dei rischi per il paziente, decide comunque di procedere con una determinata pratica;
- Imperizia, che coincide con la scarsa preparazione professionale per incapacità proprie, insufficienti conoscenze tecniche o inesperienza specifica;
La colpa specifica, invece, consiste nella violazione di norme che il medico non poteva ignorare e che era tenuto ad osservare quali espressioni di legge o di un’autorità pubblica/gerarchica, disciplinanti specifiche attività o il corretto svolgimento delle procedure sanitarie.
- si sia verificato un evento di danno alla persona (morte o malattia);
- vi sia nesso di causalità materiale fra condotta del professionista e danno alla persona;
Il secondo comma dell’art. 6 stabilisce che:
Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
La riforma Gelli-Bianco interviene ad abrogare l’art. 3, legge Balduzzi per inserire l’art. 590-sexies (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario) con cui è eliminato il riferimento alla colpa lieve in precedenza richiamato, limitando la scriminante ai casi di colpa per imperizia.
Negligenza e imprudenza determinano in ogni caso la punibilità del sanitario anche se, la sua condotta era in linea con le indicazioni guida, lasciando il tema della colpa medica privo di certezze interpretative.
E’ bene precisare, peraltro, che la norma in esame si riferisce solo ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose, rimanendo esclusi dalla sua applicazione gli altri reati, quali ad esempio l’interruzione colposa di gravidanza (art. 19 l. 194/78).
3. RESPONSABILITA’ CIVILE DELLA STRUTTURA E DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA
Importanti novità sono previste in tema di responsabilità civile della struttura sanitaria e dell’esercente la professione (sanitaria).
Art. 7
Responsabilita' civile della struttura e dell'esercente la
professione sanitaria
1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che,
nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di
esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e
ancorche' non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi
degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte
dolose o colpose.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle
prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione
intramuraria ovvero nell'ambito di attivita' di sperimentazione e di
ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio
sanitario nazionale nonche' attraverso la telemedicina.
3. L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2
risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice
civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione
contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella
determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta
dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5
della presente legge e dell'articolo 590-sexies del codice penale,
introdotto dall'articolo 6 della presente legge.
4. Il danno conseguente all'attivita' della struttura sanitaria o
sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione
sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli
138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto
legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con
la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base
dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle
fattispecie da esse non previste, afferenti alle attivita' di cui al
presente articolo.
5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme
imperative ai sensi del codice civile.
3.1 NATURA CONTRATTUALE DELLA RESPONSABILITÀ’ DELLA STRUTTURA (Pubblica o Privata)
Viene riconosciuta la natura contrattuale della responsabilità della struttura (pubblica o privata), infatti, la struttura che nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria (anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa) risponderà delle loro condotte dolose o colpose ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c.
Questa regola vale anche per le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria o nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica o in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale o attraverso la telemedicina.
In merito alle prestazioni rese in regime di intramoenia (ex. D.Lgs. 502/92 e success. mod e integr), la norma pare recepire la dottrina secondo la quale l’ente è obbligato (in solido) al risarcimento del danno, poichè trae, esso stesso, un utile economico dall’attività del libero professionista (essendo i relativi proventi ripartiti, sia pure in percentuali variabili, tra il sanitario e l’azienda di appartenenza – il contraente diretto non è il medico, ma l’ospedale che infatti provvede alla fatturazione).
Trasferendo la responsabilità della struttura sanitaria, nell’ambito della responsabilità contrattuale, il Legislatore ha voluto tracciare una vera e propria inversione di tendenza.
Nella logica della riforma, infatti, la posizione del singolo operatore deve necessariamente differenziarsi ed “alleggerirsi” rispetto a quella rivestita dalla struttura sanitaria stessa.
L’operatore sanitario che viene inserito in una organizzazione complessa si colloca, infatti, “in secondo piano” perché agisce in un sistema, nel quale la componente individuale si stempera e quasi si confonde un facere collettivo.
Autorevoli studi di ricercatori hanno difatti dimostrato che, l’errore umano è inevitabile, non può mai essere eliminato del tutto, non si esaurisce nell’azione del singolo operatore, ma ha cause remote, che spesso sono rappresentate da lacune/deficienze strutturali.
3.2 NATURA EXTRACONTRATTUALE DELLA RESPONSABILITÀ’ DEL SANITARIO
Per contro, la responsabilità del sanitario (dipendente della struttura) viene attratta nell’orbita dell’illecito aquiliano: il sanitario infatti risponderà del proprio operato in base all’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
Momento centrale della riforma è costituto, pertanto, dall’art. 7, comma 3 della L. 8 marzo 2017, n. 24 che riporta una volta per tutte la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria (“che non abbia agito nell’adempimento di obbligazioni contrattuale assunta con il paziente), entro l’alveo aquiliano e, dunque, entro una cornice di regole che si rivelano meno vantaggiose per il paziente (dovendo questi provare, anzitutto, la colpa e il nesso tra condotta del sanitario ed evento; e applicandosi alla fattispecie il più breve termine di prescrizione quinquennale).
L’obiettivo perseguito dal Legislatore, è dunque quello di indirizzare le pretese della vittima di malpractice verso l’ente persona giuridica, che è meglio in grado di scongiurare, attraverso un’efficiente organizzazione, gli eventi avversi, e nel contempo, di valorizzare il ruolo di “imprenditore” del soggetto erogatore delle cure.
3.4 DISTINZIONE FRA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE E EXTRACONTRATTUALE
La diversa natura – rispettivamente contrattuale ed extracontrattuale – della responsabilità della struttura e del sanitario comporta notevoli ricadute sul piano sostanziale.
Si parla di responsabilità extracontrattuale contrapponendola tradizionalmente alla responsabilità contrattuale.
La principale differenza tra le due ipotesi di responsabilità starebbe nella fonte dell’obbligo: il contratto per la responsabilità contrattuale; i rapporti diversi dal contratto per la responsabilità extracontrattuale.
Tra le due forme di responsabilità esistono però non solo delle differenze, ma anche molti punti di contatto, nonché interferenze tra una e l’altra.
Sia l’obbligo di risarcimento derivante da un illecito, sia quello derivante dall’inadempimento di un’obbligazione hanno la funzione di riparare la lesione di un interesse meritevole di tutela. L’identità di funzione è confermata dal fatto che spesso per uno stesso evento dannoso è data la possibilità di ricorrere in via alternativa all’azione di risarcimento contrattuale o a quella extracontrattuale. Ad esempio, nel caso classico del medico che lascia una garza nel corpo del paziente, il danneggiato ha la scelta tra agire in via contrattuale o extracontrattuale.
Il danno, poi, è calcolato in base agli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile, dato che l’art. 2056 c.c, per la determinazione del danno, rimanda alle regole della responsabilità contrattuale.
Per quanto concerne le distinzioni:
- a parte la fonte, un’altra differenza tra i due tipi di responsabilità sta nell’onere della prova: nel fatto illecito l’onere della prova della colpevolezza dell’agente spetta al danneggiato in quanto si applica la regola generale dell’articolo 2697 c.c.(secondo cui chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento);
- Nell’illecito contrattuale, invece, il danneggiato deve solo provare il fatto dell’inadempimento e il danno arrecato, mentre spetta al debitore inadempiente provare che l’inadempimento non è lui imputabile (art. 1218 c.c.); la regola generale dell’articolo 2697 c.c.subisce però delle eccezioni, in quanto alcune norme specifiche pongono delle presunzioni di colpa a carico del danneggiante (ad esempio, in tema di responsabilità per circolazione da autoveicoli o in caso di responsabilità per l’esercizio di attività pericolose);
- una seconda differenza sta nel termine di prescrizione dell’illecito extracontrattuale che, ai sensi dell‘articolo 2947 c.c., è di regola quinquennale (con l’eccezione del danno prodotto dalla circolazione di autoveicoli, per il quale è di due anni). Il termine di prescrizione dell’illecito contrattuale, invece, è di regola decennale (art. 2946 c.c.), salvo in ipotesi particolari previste in modo espresso dalla legge;
- una differenza specifica è prevista in materia di risarcimento, in quanto l’articolo 2056 c.c. non richiama l’articolo 1225 c.c.; ciò significa che il risarcimento nell’illecito extracontrattuale è dovuto anche per i danni non prevedibili, mentre nell’inadempimento contrattuale i danni non prevedibili sono risarcibili solo se l’inadempimento è doloso;
- solo nell’illecito extracontrattuale è previsto il risarcimento in forma specifica (art. 2058 c.c.); parte della dottrina e la giurisprudenza, però, considerano applicabile l’articolo 2058 c.c. anche all’illecito contrattuale;
- sempre in materia di risarcimento, poi, un’ulteriore differenza sta nel fatto che, solo in caso di fatto illecito è risarcibile il danno non patrimoniale, qualora il fatto costituisca reato (art. 2059 c.c.), tuttavia, parte della dottrina sostiene che anche in caso di inadempimento di un’obbligazione, ove il fatto costituisca reato, sia risarcibile il danno morale;
- infine, la costituzione in mora non è necessaria in materia di illecito extracontrattuale, mentre può essere necessaria in materia di inadempimento;
4. OBBLIGO DI ASSICURAZIONE
Art. 10
Obbligo di assicurazione
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private
devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe
misure per la responsabilita' civile verso terzi e per la
responsabilita' civile verso prestatori d'opera, ai sensi
dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.
90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.
114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo
operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e
private, compresi coloro che svolgono attivita' di formazione,
aggiornamento nonche' di sperimentazione e di ricerca clinica. La
disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni
sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero
in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonche'
attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo
stipulano, altresi', polizze assicurative o adottano altre analoghe
misure per la copertura della responsabilita' civile verso terzi
degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi e per gli
effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 9. Le disposizioni di cui al
periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la
professione sanitaria di cui al comma 2.
2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria
attivita' al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del
presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa
in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa
nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con
il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo
di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14
settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e
all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.
3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9
e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione
sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o
sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a
proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa
grave.
Al fine di individuare con accuratezza i profili di obbligatorietà imposti dalla Legislatore è necessario analizzare il riferimento normativo previsto dall’art. Art. 10, L.8 marzo 2017, n.24.
Come risulta agevole dalla lettura dell’articolo in oggetto, il Legislatore non si è certo risparmiato nell’inquadrare come soggetti obbligati ad assolvere agli obblighi assicurativi, sia persone giuridiche (private o pubbliche) che persone fisiche (medici strutturati e liberi professionisti).
La finalità perseguita, come appare evidente, è offrire il massimo grado di tutela al paziente, in caso di errori professionali riconducibili alla responsabilità di una struttura sanitaria (indifferente se sia pubblica o privata), oppure dell’operato del medico che svolge la sua opera in regime libero-professionale (studio medico privato) o in regime di libera professione intramuraria.
Fatta questa premessa individuiamo quali sono i soggetti sottoposti all’obbigatorietà assicurativa imposta dall’art. 10, L.24/2017:
- Per le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private (comma 1, L. 24/2017) è previsto l’obbligo di copertura assicurativa, o di altre analoghe misure, per:
- la responsabilità civile verso terzi;
- per la responsabilità civile verso prestatori d’opera;
- i danni cagionati dal personale, a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private (compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento, sperimentazione e ricerca clinica);
- le prestazioni sanitarie svolte in in regime di libera professione intramuraria [1] o in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale o attraverso la telemedicina;
- le prestazioni rese dai medici strutturati, dipendenti delle predette strutture;
- Per l’esercente la professione sanitaria (comma 2, L. 24/2017) che svolga la propria attività al di fuori di una delle strutture sanitarie (pubbliche o private) o che presti la propria opera all’interno della stessa in regime libero-professionale o si avvalga della stessa nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente resta fermo l’obbligo di copertura assicurativa (già previsto dall’art 3, comma 5, lett. e, del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138);
- Per i medici strutturati – dipendenti delle predette strutture sanitarie (comma 3, L. 24/2017) OPERANTI A QUALSIASI TITOLO IN STRUTTURE SANITARIE O SOCIOSANTIARIE PUBBLICHE O PRIVATE è previsto, CON ONERI A PROPRIO CARICO, l’obbligo di provvedere alla stipula di un’adeguata polizza di assicurazione per COLPA GRAVE;
ATTENZIONE!!!!!!!!!!
Per quanto concerne le strutture sanitarie (pubbliche o private) e i liberi professionisti (comma 2, art. 10. L. 24/2017), queste figure saranno coperte dalle garanzie adottate per l’intero rischio relativo all’esercizio della professione.
Che significa?
Sia le strutture sanitarie, che i liberi professionsti sanitari (non dipendenti!!!!) sono titolari dell’organizzazione per i servizi che rendono al paziente e, in tali termini risponderanno e verranno assicurati: OSSIA TENENDO CONTO DELLA PRESCRIZIONE DECENNALE, DELL’ONERE DELLA PROVA A CARICO DEL SANITARIO EQUIPARATO AL DEBITORE ETC. >>>>>>>>> Responsabilità contrattuale ex. art. 1218 cod.civ.
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A differenza delle strutture sanitarie e dei liberi professionisti (non dipendenti), il sanitario dipendente risponderà, invece, per resposabilità extracontrattuale (ex. art. 2043 cod. civ), in quanto non riveste le caratteristiche delle richiamate figure (strutture sanitarie e liberi professionisti) – effettivi titolari dell’organizzazione per i servizi che rendono al paziente.
Il sanitario dipendente della struttura riveste e costituisce l’elemento principale al servizio che la struttura organizza e, in quanto tale, sarà coperto da polizza con costi a proprio carico, per la sola colpa grave, secondo le regole applicabili al pubblico dipendente.
Il già richiamato art. 7 della legge 24/2017, difatti, chiude definitivamente ogni discussione dando vita ad un regime bipartitico:
- Responsabilità contrattuale ex art. 1218-1228 codice civile: strutture sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che , nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorchè non dipendenti della struttura stessa;
- Responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 codice civile: l’esercente la professione santitaria (medico strutturato) risponde del proprio operato, ai sensi dell’art. 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
RIFLESSIONI
In definitiva, il regime bipartitico a cui si è giunti, dopo un estenuante processo di rielaborazioni giuridiche che ha visto, da un lato, la dottrina e dall’altro lato, la giurisprudenza in posizione rispettivamente contrapposte, non è riuscito ad accontentare tutti i professionisti del settore sanitario.
Se è vero che, il Legislatore ha introdotto questa netta distinzione fra i due profili di responsabilità, è vero altrattanto che, il regime più garantista regolato dall’art. 2043 codice civile (inversione dell’onere della prova e prescrizione quinquennale) è riconosciuto soltanto al sanitario dipendente della struttura sanitaria.
5. AZIONE DI RIVALSA
Azione di rivalsa o di responsabilita' amministrativa
1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione
sanitaria puo' essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato parte del
giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno,
l'azione di rivalsa nei suoi confronti puo' essere esercitata
soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di
titolo giudiziale o stragiudiziale ed e' esercitata, a pena di
decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.
3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la
struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di
assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la
professione sanitaria non e' stato parte del giudizio.
4. In nessun caso la transazione e' opponibile all'esercente la
professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.
5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta
dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o
sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o
dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del
medesimo articolo 7, l'azione di responsabilita' amministrativa, per
dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione
sanitaria e' esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei
conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994,
n. 20, e dall'articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, si tiene conto delle
situazioni di fatto di particolare difficolta', anche di natura
organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica,
in cui l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo
della condanna per la responsabilita' amministrativa e della
surrogazione di cui all'articolo 1916, primo comma, del codice
civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non puo' superare
una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del
corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della
condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o
successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al
passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda
di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione
sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie
pubbliche, non puo' essere preposto ad incarichi professionali
superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce
oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici
concorsi per incarichi superiori.
6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato
nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o
nei confronti dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con
la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della
surrogazione richiesta dall'impresa di assicurazione, ai sensi
dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo
evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari
al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la
retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta
causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo,
moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di
cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli
esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma 2.
7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilita'
amministrativa il giudice puo' desumere argomenti di prova dalle
prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti
della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di
assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne e' stato
parte.
Secondo l’art. 9, L. 24/2017, la struttura sanitaria o sociosanitaria può – dopo essere stata convenuta in giudizio – rivalersi sulla persona fisica esercente la professione sanitaria, introducendo nei suoi confronti apposito giudizio (a seconda se la struttura sanitaria covenuta in giudizio, sia privata o pubblica).
Vediamo in maniera sintetica, le regole relative all’esercizio dell’azione di rivalsa verso l’esercente la professione sanitaria, in caso di condanna ottenuta dal danneggiato:
- l’azione può essere esercitata, tanto nei confronti di dipendenti di strutture sanitarie o sociosanitarie private quanto, ovviamente, nei confronti di dipendenti di strutture pubbliche:
1) IN AMBITO PRIVATO: è la stessa struttura sanitaria o sociosanitaria a poter agire in rivalsa contro l’esercente la professione sanitaria;
2) IN AMBITO PUBBLICO: l’azione di rivalsa, invece, spetta al pubblico ministero presso la Corte dei Conti;
- In nessun caso la transazione è opponibile all’esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa;
5.1 CONDIZIONI SOGGETTIVE E OGGETTIVE DELL’AZIONE DI RIVALSA
- CONDIZIONI SOGGETTIVE:
L’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di DOLO o COLPA GRAVE;
Anche in tale circostanza, così come accaduto in passato, il Legislatore ha affidato la definizione del concetto di “colpa grave” alle elaborazioni giurisprudenziali.
La giurisprudenza, infatti, ha elaborato una serie di parametri valutativi della condotta tenuta dalle persona fisica esercente la professione sanitaria ed ha fornito una distinzione fra dolo e colpa grave.
Se da una parte, il dolo implica l’intenzionalità dannosa e consapevolezza, dall’altra, la COLPA GRAVE esclude la volontarietà, ma non si esaurisce soltanto – come la c.d. colpa semplice – nella negligenza, imprudenza o imperizia.
L’errore professionale, insomma, dev’essere conseguenza di una manifesta violazione grossolana del dovere di diligenza, di prudenza e perizia.
Ad ogni modo, a prescindere dalla corretta individuazione del corretto significato da attribuire alla colpa grave, è prevedibile che proprio la vaghezza della legge Gelli sul concetto di colpa grave – e quindi la possibilità di una sua ampia estensione interpretativa nella applicazione pratica -, contribuisca ad incrementate le azioni di rivalsa da parte delle strutture sanitarie, le quali sono esplicitamente individuate dalle legge come titolari dell’obbligo.
- CONDIZIONI OGGETTIVE:
1) deve esistere un titolo giudiziale o stragiudiziale giustificativo dell’azione di rivalsa;
2) l’azione di rivalsa può essere esercitata soltanto dopo il risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale e, a di decadenza, entro 1 anno dall’avvenuto pagamento:
- il termine annuale può essere interrotto o sospeso con l’introduzione di un giudizio verso l’esercente della professione santiaria
5.2 LIMITE ALL’AMMONTARE DELLA CONDOTTA DEL SOGGETTO DESTINATARIO DELL’AZIONE DI RIVALSA
In caso di accolgimento della domanda proposta dal danneggiato, nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione:
- la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall’impresa di assicurazione, ai sensi dell’art. 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresala retribuzione lorda, conseguito nell’anno di inzio condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, MOLTIPLICATO PER IL TRIPLO;
Il predetto limite non trova applicazione nei casi d esercente la professione sanitaria resa al di fuori delle strutture sanitarie o sociosanitarie o che presti la sua oera all’interno delle predette strutture in regime libero-professionale oppure che abbia un rapporto contrattuale diretto con il paziente.
RIFLESSIONI:
Non poche perplessità permangono in merito alle insufficienti misure per garantire il diritto di difesa del sanitario rispetto ad eventuali, successive, azioni di rivalsa scaturenti da accertamenti medici-legali promossi dalla struttura sanitaria, in relazione a istanze stragiudiziali di risarcimento e svolti senza la partecipazione del professionista stesso.
In poche parole, sebbene il testo originario dell’art. 9 rubricato “Azioni di rivalsa”, prima dell’emendamento 9.100 del Relatore facesse ben sperare sulle sorti del diritto di difesa del professonista medico (si veda al riguardo la seguente tabella comparativa dei due testi), il drastico intervento di massiccia rielaborazione del contenuto del testo normativo previsto dall’art. 9, L. 24/2017 ha lasciato aperta la questione.
Si dibatte, in particolar modo, se l’esercente sanitario abbia o meno il diritto di essere messo a conoscenza, ovviamente prima della notifica dell’atto introduttivo l’azione di rivalsa, dell’esistenza di una richiesta risarcitoria e/o dell’introduzione di un giudizio da parte del danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione.
Si ritiene che, specialmente in caso di indagine interna alla struttura sanitaria (eventualmente aperta dopo la ricezione di una delle consuete richieste risarcitorie stragiudiziali che generalmente anticipano la fase giudiziale), all’esercente la professione sanitaria dovrebbe essere consentito di difendersi e di fornire tutti i dati ed elementi a sua discolpa.
Non si comprendono le ragioni che hanno determinato questo repentino cambio di rotta, specialmente in vista dei vantaggi che una siffatta procedura avrebbe garantito al diritto di difesa del medico.
Appare indubbio, peraltro, un concreto vantaggio anche per la struttura sanitaria o sociosanitaria o dell’impresa di assicurazione, che sarebbero così messe in condizioni di opporre al (presunto) danneggiato – sia stragiudizialmente che giudizialmente – dati ed elementi utili, se non addirittura fondamentali, per l’accertamento dei fatti.
6. ESTENSIONE DELLA GARANZIA ASSICURATIVA
Art. 11
Estensione della garanzia assicurativa
1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operativita'
temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la
conclusione del contratto assicurativo, purche' denunciati
all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della
polizza. In caso di cessazione definitiva dell'attivita'
professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di
ultrattivita' della copertura per le richieste di risarcimento
presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e
riferite a fatti generatori della responsabilita' verificatisi nel
periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di
retroattivita' della copertura. L'ultrattivita' e' estesa agli eredi
e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.
Per quanto riguarda il regime temporale di “claims made” a cui sono sottoposti i contatti assicurativi per la responsabilità civile professionale si rimanda al seguente articolo:
[1] La libera professione intramuraria chiamata anche “intramoenia”, identificata comunemente con l’acronimo ALPI – “attività libero professionale intramuraria“, si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa.
In sintesi, i medici del SSN si tolgono il camice di dipendente pubblici e vestono quelli di libero professionisti che svolgono attività privata.
In altre parole, i medici fanno visite ed esami a pagamento.
Il medico è tenuto al rilascio di regolare fattura e la spesa, come tutte le spese sanitarie, è detraibile dalle imposte.
La struttura sanitaria trattiene in media 1/5 della parcella pagata dal paziente. Il resto lo gira al medico, che incassa sostanzialmente circa l’80% del totale. Il medico, accumula un introito extra che naturalmente si somma al normale stipendio, dato che si tratta di prestazioni che il medico garantisce nel suo tempo libero
Le prestazioni sono generalmente le medesime che il medico deve erogare, sulla base del suo contratto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la normale operatività come medico ospedaliero.
Le prestazioni erogate in regime di intramoenia garantiscono al cittadino la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi per una prestazione.
Oltre l’attività “intromoenia”, che in latino significa letteralmente”dentro le mura”, intendendo quello dell’ospedale pubblico, un medico ogni cinque pratica tale attività “fuori”, cioè in ambulatori e studi esterni al proprio ospedale.
Questa concessione in via sperimentale viene definita “intramoenia allargata”: si tratta sostanzialmente, prescindendo dalle definizioni che possono essere date al caso specifico, di prestazioni sanitarie erogate dai medici al di fuori degli spazi ospedalieri, ritenuti inadeguati.