Incendio di auto in sosta: responsabilità e riferimenti normativi
In tema di r.c.auto, la sosta di veicolo a motore su un’area pubblica o ad essa equiparata, integra il concetto di circolazione. Per questo motivo, i danni derivati a terzi da un incendio di veicoli in sosta nelle aree pubbliche e private (aperte al pubblico) devono essere risarciti dall’assicuratore, salvo che l’evento dannoso sia riconducibile ad azione dolosa perpetrata da terzi.
CONCETTO GIURIDICO DI CIRCOLAZIONE STRADALE
In merito alla nozione di circolazione la giurisprudenza ha sostenuto che sotto il profilo tecnico-giuridico anche il veicolo in sosta è considerato «in circolazione», partendo dalla constatazione che lo stesso concetto possa essere scisso in «circolazione dinamica» e «circolazione statica» (quale forma di utilizzazione della strada).
Il presupposto logico-deduttivo da cui trarre tale ragionamento risiede nel fatto che il veicolo seppure fermo può:
a) costituire un intralcio e un ostacolo al movimento degli altri mezzi;
b) mutare, in qualsiasi momento, il proprio stato di quiete in movimento, sempreché vi sia un’utilizzazione della strada di uso pubblico (o di altra area adibita al traffico, anche privata, ad essa parificata) al pari del transito.
Il riferimento normativo a sostegno di questa tesi è rappresentato dall’art. 3, n. 9) del Codice della Strada il quale definisce la circolazione come “il movimento, la fermata e la sosta dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulla strada”.
Ad avvalorare ulteriormente questo convincimento normativo si aggiunge la clausola generale dell’art. 140 del Codice della Strada la quale statuisce che: “gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”
Sulla base di tali elementi non sussistono dubbi interpretativi, d’altra parte, il principio summenzionato è ribadito dalla stessa Corte Costituzionale (Sent 14 aprile 1969, n. 82) la quale ha riconosciuto come un dato ormai acquisito che la sosta su su area pubblica o ad essa equiparata è essa stessa circolazione, non potendo questa restrittivamente intendersi di veicolo in movimento.
DUBBI NORMATIVI IN CASO DI INCIDENTE IN AREA PRIVATA
Se non sussistono problemi logico-normativi in merito all’equiparazione della sosta del veicolo con la nozione di circolazione stradale, lo stesso non avviene per quanto riguarda la questione dell’applicabilità o meno delle regole stradali alle aree private.
La predetta questione è stata oggetto di copiosa produzione giurisprudenziale alla quale hanno partecipato, in egual misura, i giudici penali, civili e il T.A.R.
Inizialmente la Cassazione, per dirimere ulteriori dibattiti in materia, aveva stabilito un principio semplice e sbrigativo basato sul dato formale della “demanialità” dell’area o della strada:
a) si applica il codice stradale sulle aree di proprietà pubblica;
b) si applica il codice civile su quelle di proprietà privata;
Tale soluzione per quanto si presentasse comoda e di facile applicazione non era esente da criticità.
Il principio di demanialità era poco adatto a fare giustizia nel caso d’incidente su strade trafficate e pericolose accessibili a tutti, anche se di proprietà privata.
SUPERAMENTO PRINCIPIO DI DEMANIALITÀ’
L’elaborazione giurisprudenziale ha soppiantato il principio della demanialità con un nuovo orientamento ancora oggi prevalente:
- Ambito civile: “…è rilevante la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È pertanto, l’uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del codice della strada” (Cass. Civ. sez. II, 25 giugno 2008, n. 17350).
- Ambito penale: “… in materia di circolazione stradale, a un’area appartenente a privati è applicabile la disciplina del codice della strada, se l’uso di essa è consentito a tutti; invero, è l’uso pubblico o privato che rende applicabile alle aree la disciplina specifica sulla circolazione stradale (o meno), e non già l’appartenenza delle stesse a enti pubblici o privati” (Cass. Pen. 13 maggio 1988).
- Ambito Amministrativa: “… al fine di destinare una strada all’uso pubblico, occorre che la medesima sia idonea a soddisfare le esigenze della collettività, ossia di un numero indeterminato di cittadini…” (T.A.R. del Friuli Venezia Giulia n. 397 del30 settembre 1992).
RESPONSABILITÀ DEL DANNO: QUALE REGOLA APPLICARE IN CASO D’INCIDENTE IN AREA PRIVATA?
La risposta al quesito non è complessa ma l’applicazione di una norma giuridica piuttosto che un’altra può comportare complicazioni di non poco conto.
Partiamo dal presupposto che, per l’applicabilità dell’art. 2054 cod. civ. occorre che l’area in cui si è verificato il sinistro sia aperta all’uso pubblico, in termini tali da risultare ordinariamente adibita al traffico (orientamento giurisprudenziale dominante)¹.
Vediamo quali possono essere gli scenari:
- se quella in area privata è circolazione stradale, applicandosi l’art. 2054 cod. civ. opera la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo e la conseguente responsabilità del proprietario > ONERE PROBATORIO: la colpa è del conducente ed è lui che deve provare la sua eventuale estraneità al danno;
- se viceversa la circolazione in area privata non si considera alla stessa stregua di quella stradale, si applica l’art. 2043 cod. civ. e tale presunzione cade > ONERE PROBATORIO: è colui che chiede il risarcimento (cioè chi è stato investito) a dover provare la responsabilità altrui.
NESSO DI CASUALITÀ FRA DANNO E CIRCOLAZIONE STRADALE
Ai fini dell’applicazione dell’art. 2054 c.c., tra il danno e il fatto della circolazione deve sussistere una precisa connessione nel senso che il primo deve presentarsi come conseguenza immediata e diretta del secondo.
L’incendio propagatosi da un’autovettura in sosta al bene altrui può dar luogo ad una forma di responsabilità ex art. 2054 c.c. anche quando il fatto lesivo sia direttamente legato all’usura. Sono ipotesi concrete di danno provocato dalla circolazione quelle in cui l’incendio si verifichi per:
- il surriscaldarsi del motore;
- scoppio del serbatoio di benzina;
- corto circuito;
- ritorno di fiamma.
In assenza di tale specifico legame causale il regime della responsabilità applicabile, eventualmente, è quello della clausola generale dell’art. 2043 c.c. o, qualora ne ricorrano i presupposti, quello previsto per le cose in custodia ex art. 2051 c.c.
L’art. 2051 c.c., inoltre, potrà essere invocato allorquando il veicolo non risulti più in circolazione, ma venga ritirato in un luogo privato. Pertanto, il proprietario risponderà in qualità di custode dei danni causati a terzi dall’incendio propagatosi dalla propria autovettura in sosta in un’area chiusa al traffico.
AZIONE DIRETTA DEL DANNEGGIATO
Qualora venga accertato il nesso di causalità tra la circolazione e il danno, il danneggiato può agire direttamente nei confronti dell’assicurazione ex L. n. 990/1969 per la
soddisfazione delle proprie pretese.
Il legislatore ha sostanzialmente riconosciuto la possibilità del danneggiato di agire direttamente nei confronti d un soggetto – la società assicuratrice – generalmente dotato di maggiore liquidità e solvibilità rispetto alle persone fisiche (Art. 144 Codice delle Assicurazioni private).
INCENDIO PROVOCATO DA ATTO DOLOSO
In caso di incendio dovuto all’intervento doloso di terzi viene meno il nesso causale tra l’azione del proprietario e il danno subito: di conseguenza l’assicuratore per la
responsabilità civile del veicolo (dal quale si è propagato l’incendio) non risponderà dell’azione diretta nei confronti dei terzi danneggiati.
Cerchiamo di fare più chiarezza: In quale circostanza la responsabilità dell’assicurazione risulta esclusa?
“se l’incendio che si propaga da un veicolo in sosta su area pubblica (o ad essa equiparata) sia stato appiccato dolosamente, le conseguenze dannose che ne siano derivate ai terzi non possono essere eziologicamente ricollegate alla circolazione stradale, con la conseguenza che in tal caso l’assicuratore per la responsabilità civile del veicolo, dal quale si è propagato l’incendio, non risponde del azione diretta nei confronti dei terzi danneggiati, privi dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore” Cass. civ. sez. III, sentenza 11 febbraio 2010, n. 3108².
CONCLUSIONE
Concludiamo questa articolata e lunga disamina di istituti giuridici e pronunce giurisprudenziali fissando alcuni importanti principi generali:
1) Ai fini dell’applicazione della normativa sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, non è rilevante la natura pubblica o privata dell’area aperta alla circolazione, essendo piuttosto qualificante l’uso pubblico della stessa;
2) per uso pubblico s’intende l’apertura dell’area/strada ad un numero indeterminato di persone che comporta la possibilità (giuridicamente lecita) di accesso da parte del pubblico. Pertanto, anche la situazione statica di ingombro della sede stradale da parte del veicolo, che è in grado di interferire con la circolazione, rimane assoggettata all’obbligo dell’operatività della garanzia assicurativa per la r.c.a;
3) la sosta è essa stessa circolazione perché “comprende in sé il complesso delle situazioni dinamiche e statiche in cui è posto il veicolo sulla pubblica via”;
4) deve considerarsi sempre relativo alla circolazione l’incendio propagatosi dal veicolo in sosta, a meno che esso non sia stato appiccato dall’azione dolosa di terzi;
5) al danneggiato deve essere riconosciuta azione diretta nei confronti dell’assicuratore del veicolo ex art. 144 Codice delle Assicurazioni private.
Merita di essere menzionata un’importante pronuncia della Corte di Giustizia Europea, Seconda Sezione, sentenza 20/06/2019 causa C-100/18 > Si riporta di seguito il link per approfondimenti www.dirittoegisutizia.it.